APRENDO STRADE

Una sfida da affrontare

Gli ingegneri civili sono responsabili per il calcolo, progettazione, costruzione e manutenzione delle infrastrutture distribuite sul territorio, come strade, autostrade, ponti, canali, gallerie, ecc. Questi professionisti possono trasformare l’orografia di un territorio dalla sera alla mattina, così che dove c’era una montagna appaia ora una strada che percorre l’intero territorio o una galleria che attraversa una catena montuosa tra le viscere della terra. Per esempio, in Svizzera, ci sono centinaia di tunnel che collegano città ed economie, facilitando il trasporto di milioni di merci e permettendo di risparmiare sui viaggi. La nuova galleria costruita nel paese elvetico è la più lunga del mondo (57 chilometri) attraverso le Alpi svizzere e il massiccio del San Gottardo. I treni che attraversano il tunnel possono fare il loro viaggio in 20 minuti; su quelle rotaie viaggiano tra il nord e il sud 65 treni di passeggeri e 260 treni di merci. La Svizzera ha investito in questo lavoro circa 11.000 milioni di euro e 17 anni di costruzione. È considerata l’opera del secolo.

Gli esseri umani sono in grado di realizzare grandi opere di ingegneria e investire innumerevoli risorse per raggiungere l’obiettivo di creare percorsi e sentieri che ci colleghino gli uni con gli altri. Se ci pensiamo bene, però, mai nella storia del genere umano siamo stati così distanti tra di noi come in questa epoca di comunicazione. Questo, colpisce in particolare i bambini e i giovani che vivono la loro solitudine in modo molto intenso, perché i genitori non hanno tempo di interagire con loro. La scuola, i mass media e la strada vengono deputati a colmare tale lacuna. Purtroppo, questo problema ha raggiunto anche la chiesa ed i nostri giovani notano chiaramente il vuoto presente nella nostra dirigenza. Come dirigenti, abbiamo dunque una sfida da affrontare. La prenderemo sul serio?

Se il mondo è in grado di spendere ingenti somme di denaro per ottenere ob­iettivi ­materiali, quanto più la chiesa dovrebbe essere disposta a fare sforzi più intensi e profondi per riuscire ad aprire strade in modo che i nostri giovani possano imparare a lottare per qualcosa per cui valga la pena. Che gli si insegni ad amare Dio e ad appassionarsi alla predicazione del vangelo di nostro Signore Gesù Cristo; che capiscano la differenza tra sacro e profano, e che imparino a raggiungere obiettivi a breve e lungo termine, che migliorino la chiesa con la loro presenza e ancor più il mondo, perché credano di essere luce e sale della terra.

Un mondo senza bussola

Viviamo in un mondo in cui regna il male. La luce è stata quasi totalmente assorbita dalle tenebre ed il peccato estende i suoi tentacoli in ogni angolo della terra. I nostri giovani ereditano una vita che non è facile vivere; ci sono molti pericoli e tentazioni da dover affrontare, tenendo conto che il principe di questo mondo è il diavolo (Gv. 12:31). Egli usa tutta la sua artiglieria pesante contro chiunque voglia servire il Signore Gesù Cristo per distruggerlo. Lo sforzo, quindi, che la chiesa deve fare per aiutare il giovane a raggiungere l’ideale di servizio, amore e consacrazione, deve essere molto più intenso.

Il diavolo esercita più influenza sulle idee, opinioni, insegnamenti e punti di vista della maggior parte delle persone. Così la filosofia del mondo, l’educazione, l’economia e anche la religione popolare sono impregnate di idee sbagliate e di bugie. Basta soffermarsi un po’ a considerare ciò che si pensa in merito al matrimonio, all’amore, alla famiglia, alla fede… Non molto tempo fa, presso la scuola che frequenta nostra figlia, sorse in classe la domanda sul sesso prematrimoniale; la maggior parte degli studenti, praticamente quasi tutti, sostennero che non vi fosse nulla di male nel praticarlo e che anzi fosse necessario per fare esperienze e per godere la vita. Mia figlia alzò la mano per ribattere dicendo che non era d’accordo con questa visione, poiché il matrimonio è sacro e per la vita e pertanto è importante contrarlo senza bruciare il prezioso dono della castità. Potete immaginare che reazione ci fu tra quei giovani con una media di 15 anni. La maggior parte reagì con beffe e derisione. Molti dissero che se ci si sposa e le cose non vanno bene, si risolve con il divorzio. La cosa peggiore è che l’insegnante non fece nulla per chiarire e canalizzare adeguatamente la questione. Che tipo di strada stanno seguendo i giovani delle nostre società? Dove vengono condotti?

Nei Salmi troviamo una domanda fondamentale con una risposta chiave: “Come può un giovane rendere la sua via pure? Custodendola con la tua parola” (Salmo 119: 9). Ecco la chiave. Nessun giovane può crescere in santità e forza morale senza aggrapparsi alla Parola di Dio. Ogni dirigente dei giovani dovrebbe tener conto del potere formativo della Bibbia e motivare ad amare le sue pagine e fare del suo studio il compito principale. Ma per questo lo stesso dirigente deve essere un esempio. Nessuno può esercitare un’influenza efficace se la sua dirigenza si basa su fredda teoria.

Per scoprire quanto sia importante che un giovane costruisca il cammino della sua vita sui principi eterni della Parola di Dio, basterà guardare i concetti che muovono questo mondo. Se egli non dispone di chiarezza, sarà scosso nel mare della vita dalla tempesta delle false idee. I venti dell’errore lo porteranno su strade della perdizione e, infine, vagherà senza bussola. Sappiamo che dal mondo possiamo sperare poco o nulla che incoraggi i principi cristiani (1 Gv. 2:16). La cosa più triste e catastrofica è che non ci si aspetterebbe mai che dalle chiese che si dicono cristiane vengano dottrine tanto contrarie all’insegnamento biblico. Nell’ultimo decennio, stiamo subendo grandi trasformazioni sociali che influenzano le chiese. Molte accettano le pratiche omosessuali tra i propri membri; alcuni pastori e dirigenti sono apertamente ­gay e lesbiche, e gli organi direttivi votano risoluzioni che garantiscano a persone che vivono relazioni omosessuali di accedere al pastorato. D’altra parte, si partecipa alla guerra argomentando che anche nell’Antico Testamento si faceva e che il popolo di Dio vi partecipò; si accettano il divorzio e le nuove nozze; si insegna l’immortalità dell’anima e l’abolizione del settimo giorno della settimana, il sabato, sostituito con la Domenica; la moda dei membri di queste chiese è immorale. Non è questo l’adempimento delle profezie bibliche che negli ultimi giorni si presenteranno eresie? (1 Tim. 4:1).

L’importanza di appoggiarsi sulle fondamenta della Parola di Dio possiamo vederla alla luce di vite come quella di Giuseppe quando fu tentato dalla moglie di Potifar a violare la legge di Dio. Egli rifiutò di discostarsi dalla volontà divina e la sua fedeltà portò conseguenze molto negative come il disonore ed il carcere; ma il Signore rivendicò il giovane Giuseppe e le benedizioni che ricevette successivamente compensarono abbondantemente tutta la sua sofferenza. Ricordiamo che dalla prigione passo ad essere il più potente d’Egitto dopo il Faraone e milioni di persone furono beneficiate dalla sua presenza. Non è meraviglioso?

I dirigenti dei giovani non devono perdere di vista questo obiettivo: educare ad amare la Bibbia. Invece di spendere tempo a cercare di intrattenere i ragazzi con giochi e programmi che divertono, escogitiamo modi e mezzi perché i giovani costru­iscano la propria casa sulla roccia ed imparino a tracciare strade che portano all’eterni­­tà. Una madre una volta mi disse che i pastori e i dirigenti dei giovani devono condurre attività nelle chiese perché i giovani non si annoino.  Aveva ragione su una cosa: un buon dirigente è colui che guida i giovani ad appassionarsi alla Parola di Dio. Ma non si deve pensare che la chiesa sia un club sociale in cui i giovani vengano a divertirsi, essa è la scuola del Dio vivente dove le anime sono istruite a conoscerlo e ad amarlo.

Le testimonianze dicono: “I giovani, e anche gli adulti, sono indotti facilmente in tentazione e peccano perché non studiano le Scritture e non le meditano come dovrebbero…Le verità della Bibbia, una volta conosciute, nobilitano la mente e lo spirito. Se la Parola di Dio fosse apprezzata come dovrebbe esserlo, giovani e adulti manifesterebbero quella rettitudine interiore e quella coerenza ai principi che permetterebbe loro di resistere alla tentazione” (Ellen White, Sulle Orme del Gran Medico, p.248 edizione ADV 2000).

La metodologia di Cristo

Ci sono molti manuali e libri sulla dirigenza dei giovani. In realtà la dirigenza, genericamente parlando, è il tema preferito di questa epoca sia a livello secolare che ecclesiale, visto che è stato dimostrato che un buon leader (dirigente, ndr.) è la chiave per mobilitare in modo efficace il personale di imprese, istituzioni, scuole, chiese. Il leader è la persona centrale, è il punto focale del gruppo. È il membro che riceve ed invia più comunicazioni; è il fulcro d’interesse della maggior parte del gruppo e colui al qualche si vuole assomigliare o con il quale si desidera identificarsi. Il leader deve essere in grado, con l’aiuto di Dio, di guidare il gruppo verso i suoi obiettivi, ed indurlo ad agire. Agirà nell’interesse del gruppo e con il consenso del gruppo. Anche se il leader esercita autorità, la esercita non sulle persone ma con le persone, cioè stimola i componenti a svolgere i compiti in gruppo, ad assumersi la responsabilità dell’incarico che ad ognuno è stato assegnato; egli delegherà, supervisionerà, recluterà e sarà sempre presente nel processo. In breve, un dirigente dei giovani deve sapere che il suo obiettivo principale è quello di indurre gli altri ad agire nel perseguimento di un obiettivo comune: l’esperienza e la predicazione dell’Evangelo. Per ogni leader del popolo di Dio il modello da seguire è il nostro Signore Gesù Cristo; Lui è il leader per eccellenza. Tra i metodi utilizzati da Cristo per incoraggiare i suoi discepoli nella lotta quotidiana, troviamo i seguenti:

a) Il metodo dell’amabilità. Sono necessari dirigenti affabili, affettuosi, di buone maniere. “Coloro che conducono le battaglie della vita fra grandi difficoltà, possono essere incoraggiati e sostenuti con piccole attenzioni che si manifestano con semplici gesti d’amore. Per queste persone la stretta di mano di un vero amico è più preziosa dell’oro e dell’argento e le parole gentili sono paragonabili al sorriso degli angeli” (Ellen White, Sulle Orme del Gran Medico, 84, edizione ADV 2000). “Eliminiamo qualsiasi ruvidezza e grossolanità e coltiviamo la cortesia, la raffinatezza e la buona educazione cristiana. Guardiamoci dall’essere bruschi e burberi e non consideriamo virtù queste caratteristiche, perché Dio non le reputa tali. Sforziamoci di non offendere nessuno senza motivo” (Ellen White, Servizio Cristiano, p.185, cap.24, edizione ADV 2010).

b) Il metodo della gioia. Molti immaginano Gesù senza calore né allegria, austero, severo, triste e imbronciato. Questo è un errore. È vero che ha sofferto molto, ma non permise alle terribili prove della sua vita di sopraffare il suo spirito.

“L’espressione del suo volto non era mai preoccupata o addolorata, anzi ispirava sempre pace e serenità; ovunque andasse Gesù, portava gioia e felicità perché la lui proviene la vita” (Ellen White, La Via Migliore, p.120, ediz. Segni de Tempi, 1996). “Egli era sempre paziente ed allegro” (Ellen White, Sulle Orme del Gran Medico, p.10, edizione ADV 2000). La Bibbia registra molti momenti in cui Cristo espresse la sua gioia: “In quel tempo, Gesù, pieno di gioia per mezzo dello Spirito Santo…” (Lc. 10:21). “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv. 15:11).

c) Il metodo del tatto. Avere tatto con gli altri significa mostrare abilità o successo; manifestare considerazione, rispetto e attenzione per le opinioni altrui. Gesù ha rivelato un tatto squisito con le persone. “Il Salvatore non soppresse mai la verità, ma la dichiarò sempre con amore. Nei suoi rapporti con gli altri, esercitava il più grande tatto, ed era sempre gentile e premuroso. Non era mai scortese, non diceva mai senza necessità una parola severa, mai causava un dolore inutile ad un anima sensibile. Non censurò la debolezza umana. Denunciò apertamente l’ipocrisia, l’incredulità e la malvagità, ma c’erano lacrime nella sua voce e quando pronunciava i suoi penetranti rimproveri” (Ellen White, Obreros Evangélicos, p.123). “Se una persona dimostra tatto…avrà successo nel proprio lavoro quotidiano, me le stesse qualità, consacrate all’opera di Dio, si riveleranno doppiamente efficienti, perché si realizza una perfetta combinazione tra potenza divina e impegno umano” (Ellen White, Servizio Cristiano, 189, cap.24, edizione ADV 2010).

d) Il metodo della testimonianza. Gesù approfittava di ogni occasione per parlare dell’amore di Dio e di introdurre i suoi interlocutori in un’atmosfera più pura. Non perdeva tempo in conversazioni triviali; dirigeva le menti dei suoi ascoltatori su questioni che avevano a che fare con l’esistenza, la nostra storia come razza, il futuro, il perdono del Padre … Mostrava le profezie e la loro rela­zione con il suo ministero messianico. Parlava della fede, insegnava alla gente ad avere speranza ed essere felici. Molti di coloro che lo ascoltavano sentivano le loro forze rinnovarsi. Gesù non usava parole ricercate o complicate, ma parlava in modo da essere compreso sia dai colti che dagli illetterati, dai rabbini e dai contadini, dai bambini e dagli anziani. Egli metteva in relazione le cose semplici e familiari della quotidianità con gli interessi eterni: una pecora smarrita è un uomo lontano da Dio; una casa costruita sulla sabbia è una vita senza fondamenta; il sale è la buona influenza cristiana… Ovunque andava, Gesù dava testimonianza della verità. “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (Gv. 18:37).

 e) Il metodo della costanza. Perseverare è rimanere costanti nel perseguire ciò che si è iniziato. Gesù perseverò fino alla fine e riuscì a portare i suoi discepoli ai piedi di suo Padre; conquistò le loro anime malgrado tutte le difficoltà dei loro caratteri. “Spesso ci scoraggiamo quando qualcuno non risponde subito ai nostri sforzi. Ma non dobbiamo smettere di impegnarci anche se ci rimane solo un barlume di speranza” (Ellen White, Sulle Orme del Gran Medico, 90, edizione ADV 2000).

f) Il metodo dell’amore. “Amore” è diventata una parola banale nel nostro tempo, ma il popolo di Dio deve rivendicare il suo corretto utilizzo. Per Cristo, amare i perduti era il suo obiettivo principale e per questo venne in questo mondo (Lc. 19:10). “L’amore deve essere l’elemento predominante del nostro lavoro … Tra tutta la gente del mondo i riformatori dovrebbero essere i più abnegati, gentili e cortesi, e dovrebbero imparare i metodi, le parole e le opere del Cristo” (Ellen White, Evangelismo, edizione spagnola, pp. 223, 224).

Potremmo andare avanti citando altri atteggiamenti e modi su cui si basa la forma di dirigenza di Cristo, come l’umiltà, la fede, la dedizione, la coerenza, l’abnegazione, la responsabilità, ecc. Questo è una questione che deve essere approfondita e che per mancanza di spazio non possiamo affrontare in questo articolo. In breve, Gesù ci insegna ad imitarlo (Mt. 11:29). Che cosa dobbiamo fare?

Considerazioni finali

Il dirigente dei giovani non deve mai manipolare, controllare e costringere gli altri a seguirlo o ad obbedirgli. Se tenta di imporre la sua opinione con la forza potrà trovare per un centro tempo un riscontro tra i suoi seguitori ma alla fine sarà respinto. Si è dimostrato che la capacità di essere un leader si acquisisce con la pratica. Il leader si va formando e quanto più profonda è la sua relazione con Dio tanto più efficace sarà il suo rapporto con i giovani. La dirigenza giovanile, non deve intendersi come una gara in popolarità, questo ha portato molte chiese ad investire risorse nella formazione dei propri leader nelle abilità sociali più che nelle competenze spi­rituali. È vero che un leader deve avere un certo carisma per influenzare il gruppo, ma senza dimenticare che l’aspetto spirituale non può essere sostituito da strategie di gruppo che perdano di vista l’obiettivo di portare i giovani a piedi di Cristo. Questo è certamente il più importante, l’obiettivo degli obie­ttivi. La tendenza marcata dei nostri giorni a livello generale nel cristianesimo è promuovere una serie di attività nelle chiese in modo che i giovani siano impegnati in qualcosa che li diverta e li “leghi” alla congregazione; tuttavia, giovani con questo profilo resisteranno poco alle battaglie della vita. Alla prima occasione abbandoneranno. Il giovane non deve essere portato al dirigente ma è il dirigente che deve condurre il giovane a Cristo. Un giovane innamorato di Cristo difficilmente vacillerà, questo è ciò che ogni leader deve capire. Paolo scrive in Rom. 8:35-39 che nulla può separare un vero figlio e figlia di Dio dall’amore di Cristo.

Ci sono chiese che creano club sportivi, che promuovono giochi e divertimenti, feste e celebrazioni, ecc., dove si cerca il “piacere sano”; in realtà ci si dovrebbe chiedere se questo tipo di intrattenimento è ciò che è più adatto per i giovani. Non vogliamo dire che un giovane debba vivere come un monaco di clausura, ma dobbiamo preoccuparci che le ricreazioni che la chiesa incoraggia o permette, contribuiscano alla crescita spirituale dei giovani. In questo, il dirigente dei giovani gioca un ruolo importante, perché è in contatto di­retto coi giovani e li conosce meglio di chiunque altro. Diamo un’occhiata a un esempio pratico: si organizza un incontro giovanile e tra le attività ci sono diversi giochi. Si deve analizzare se questi giochi offendano la morale, se invitino al contatto fisico tra i giovani di entrambi i sessi. La serva di Dio dice quanto segue in merito ai divertimenti: “Ci si può chiedere: Non avremo divertimento o ricreazione? Lavoreremo e lavoreremo e lavoreremo senza nessun cambiamento? Non è pericoloso il divertimento per cui sia possibile impegnarsi e chiedere con fede la benedizione di Dio. Ma ogni divertimento che allontana dalla preghiera segreta, dalla devozione all’altare della preghiera, dal prendere parte alle riunioni di preghiera, non solo non è sicuro, ma anche pericoloso” (Ellen White, Consejos para los Maestros, p.257).

Abbiamo potuto constatare l’importanza della dirigenza a tutti i livelli della nostra società e in particolare della chiesa. Dobbiamo fare sforzi più decisi ed in particolare coloro che occupano posizioni di responsabilità, per cercare e preparare dirigenti che lavorino con entusiasmo per il bene dei giovani, così tanto necessari alla chiesa del nostro tempo. Vogliamo accettare questa sfida nei nostri cuori? Chiediamo a Dio di aiutarci a compiere questa opera con passione. Che il Signore vi benedica tutti. Amen.

Pastore José V. Giner