AVRETE RISPETTO DEL MIO SANTUARIO

La Bibbia ci presenta un Dio di amore, di misericordia, pieno di bon­tà e di desiderio di salvare tutti gli esseri umani; per questo motivo e per il fatto che non lo si vede, molti si avvicinano alla sua presenza come se Egli fosse un altro essere umano, quindi con poco rispetto e riverenza. Ci si crea un dio a propria immagine, con attributi secondo i propri gusti. Questo può succedere anche a noi.

Quando preghiamo Dio, quando parliamo di Lui, quando frequentiamo un culto per adorarlo e presentargli le nostre offerte…che disposizione d’animo dovremmo avere? Questo è molto importante perché vi sono molte preghiere che non superano il tetto a causa dei nostri atteggiamenti e concetti. Vediamo.

In presenza di Dio

Prima che l’uomo peccasse, vedeva Dio e parlava con Lui. Dio è santo e l’uomo era santo, pertanto non c’era alcun problema. Dopo il peccato, nessuno può vedere Dio, ma si può parlare con Lui attraverso la preghiera. Dio ci dà il privilegio di adorarlo, di presentargli le nostre offerte di gratitudine, i nostri canti e le nostre richieste. Purtroppo molti non sanno cosa vuol dire essere in presenza di Dio. Nell’Antico Testa­mento, durante l’epoca patriarcale e successivamente quella dei profeti, vediamo una maggiore interazione tra Dio e il suo popolo.

Quando Giacobbe fuggiva da suo fratello Esaù, verso la terra di Padanaram, si riposò in un tratto del cammino e sognò una scala sulla quale salivano e scendevano gli angeli ed all’estremità vi era Dio. Giacobbe­ capì che quel luogo era speciale perché era stato san­tificato dalla pre­sen­za di Dio: “Certamente l’Eterno è in questo luogo, e io non lo sapevo». Ed ebbe paura e disse: «Come è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di DIO, e questa è la porta del cielo!… E chiamò quel luogo Bethel, mentre prima il nome della città era Luz” (Genesi 28:16-17, 19).

Possiamo notare in questo passaggio della vita del patriarca il concetto di sacralità che egli aveva dei luoghi dove Dio si incontrava con i suoi figli. Dio gli si era manifestato in quel luogo e poteva provare solo un profondo sen­timento di rispetto e riverenza.

Prima che Mosè costruisse il Santuario dove lui ed ogni israelita avrebbe dovuto adorare Dio, il Signore mostrò al futuro capo di Israele qual era il suo carattere e come si sarebbe dovuto presentare davanti al suo Creatore. Mosè stava pascolando le pecore di suo suocero Jethro e raggiunse il monte Oreb nel deserto. In un cespuglio gli apparve l’Angelo dell’Eterno (Cristo); quel roveto non si consumava e Mosè voleva andare a vedere che cosa stesse accadendo “E l’Angelo dell’Eterno gli apparve in una fiamma di fuoco, di mezzo a un roveto. Mosè guardò ed ecco il roveto bruciava col fuoco, ma il roveto non si consumava. Allora Mosè disse: «Ora mi sposterò per vedere questo grandioso spettacolo: perché mai il roveto non si consuma!». Or l’Eterno vide che egli si era spostato per vedere, e DIO lo chiamò di mezzo al roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo” (Es. 3:2-5).

Mosè doveva mantenere la distanza da Dio; non poteva stare alla presenza di Dio in un modo qualsiasi ma doveva togliersi i sandali dai piedi perché quel luogo era sacro. Nel Vicino Orien­te era abitudine togliersi i calzari prima di entrare in un casa, come atto di rispetto ed umiltà verso l’ospitante. Quindi, tanto più in presenza del Creatore. Mosè nascose anche il suo volto perché aveva paura di guardare verso il luogo in cui Dio era. Questo si chiama rispetto. La presenza di Dio rende santo un luogo e ci obbliga ad essere riverenti.

Dio diede a Giosuè lo stesso ordine di togliersi i calzari quando Egli gli apparve: “Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?». Il capo dell’esercito dell’Eterno disse a Giosuè: «Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è santo». E Giosuè fece così” (Gs. 5:14-15).

Ancora una volta vediamo quale atteggiamento di grande rispetto e riverenza hanno mostrato questi grandi uomini, spiritualmente parlando, quando si trovavano alla presenza di Dio.

Riverenza nel tabernacolo

La riverenza è un atteggiamento di profondo rispetto e amore per Dio, che include il ringraziarlo, l’onorarlo e l’osservare i suoi comandamenti; è stabilire la differenza tra il sacro e il comune.

Dopo l’esperienza soprannaturale che Mosè ebbe sul monte Oreb, egli fece anche un’altra esperienza di avvicinamento a Dio sul monte Sinai, dove ricevette i Dieci Comandamenti e vide la gloria di Dio: “Ora la gloria dell’Eterno rimase sul monte Sinai e la nuvola lo coperse per sei giorni; il settimo giorno l’Eterno chiamò Mosè di mezzo alla nuvola. E l’aspetto della gloria dell’Eterno era agli occhi dei figli d’Israele come un fuoco consumante sulla cima del monte.” (Es. 24:16-17).

Mosè ricevette l’ordine del Signore di costruire un Santuario dove Egli si sarebbe manifestato al suo popolo ed avrebbe interagito con esso. La parola “Tabernacolo” significa “Casa di Dio”, “luogo di Incontro”, “dimora”. Lì si sarebbero celebrati i servizi quotidiani ed annuali; tutto doveva essere fatto con il massimo rispetto e riveren­za. I sacerdoti non potevano entrare con le loro scarpe nella tenda di convegno. Dovevano prima lavarsi, simbolo di purificazione interiore, e non potevano toccare con le loro mani sporche le cose che apparteneva al servizio di Dio. Tutto doveva essere fatto con grande solennità e rispetto perché erano in pre­senza di Dio. Non aderire ad una rigorosa riverenza comportava risultati terribili.

“Dopo la consacrazione del santuario, i sacerdoti furono scelti per adempiere al loro sacro compito. Il rituale durò sette giorni, in ognuno dei quali si svolsero cerimonie speciali; l’ottavo giorno i sacerdoti iniziarono le loro funzioni. Assistito dai suoi figli, Aronne offrì i sacrifici richiesti da Dio e benedisse il popolo. Tutto era stato compiuto secondo le indicazioni divine. Dio accettò i sacrifici manifestando la sua presenza gloriosa in un modo del tutto particolare: un fuoco soprannaturale consumò l’offerta sull’altare. Il popolo assistette a questo prodigio con timore e profondo interesse. Si trattava di un segno evidente della gloria e del favore divini. La risposta degli israeliti fu unanime: si inchinarono a terra e pregarono, come se si trovassero davvero in presenza dell’Eterno” (Patriarchi e Profeti, p. 298, ediz. 1998).

Nadab e Abiu, figli di Aronne, furono consacrati al sacerdozio; questa era una grande responsabilità. Indossare le vesti sacerdotali e presentarsi davanti a Dio nel Tabernacolo, richiedeva santità e consacrazione. Ma la Bibbia dice che Nadab e Abihu cominciarono a disubbidire a Dio. Facevano ciò che volevano, senza riguardo alcuno per le richieste del Signore ed un giorno giunsero ad offrire “fuoco estraneo” nei turiboli. Dovevano prendere il loro fuoco dall’altare, ma non lo fecero (Lev. 16:12).

“Poco tempo dopo, una terribile disgrazia colpì la famiglia del sommo sacerdote. Durante il culto, mentre il popolo innalzava le preghiere di ringraziamento a Dio, due figli di Aronne presero il proprio incensiere e vi bruciarono l’incenso, facendone salire il profumo all’Eterno. Essi avevano trasgredito l’ordine che proibiva l’uso di «fuoco estraneo»: Dio stesso aveva acceso la fiamma destinata ai servizi del santuario. A causa di questo peccato, un fuoco proveniente dal Signore li investì davanti a tutto il popolo e li consumò” (Patriarchi e Profeti, p. 298, ediz. 1998).

Con la nostra mentalità attuale, questo ci può sembrare troppo duro. Ma in realtà si tratta di un’anticipazione di quello che un giorno accadrà a tutti coloro che non hanno presentato nei culti la luce di Dio bensì un “fuoco estraneo”, dottrine false e fuorvianti, mancanza di rispetto e indifferenza ai servizi sacri.

I sacerdoti Nadab e Abiu non erano stati adeguatamente istruiti dai propri genitori ed i risultati sono stati disastrosi. Il lor padre Aronne non demarcò le linee guida da seguire nel ministero sacerdotale e non li corresse quando erano irriverenti. Gradualmente persero di vista la differenza tra il sacro e il profano.

“Nadab e Abihu da giovani non erano stati educati a esercitare l’autocontrollo. Il carattere permissivo del padre, la sua mancanza di rigore nel sostenere la giustizia, l’avevano indotto a trascurare l’educazione dei figli, abbandonandoli alle loro tendenze naturali. Il lassismo li dominò a tal punto da indebolire il loro senso di responsabilità nei riguardi dei compiti più sacri. Essi non avevano imparato il rispetto dell’autorità paterna, e quindi non compresero la necessità di un’ubbidienza scrupolosa alle richieste di Dio. L’atteggiamento accondiscendente di Aronne li indusse alla trasgressione e li espose al giudizio divino.

Dio voleva insegnare al popolo che è necessario avvicinarsi a lui con rispetto e timore, nelle forme che egli aveva indicato. Il Signore non poteva accettare un’ubbidienza parziale” (Patriarchi e Profeti, p. 299, ediz. 1998).

La riverenza nel cielo

Il Tabernacolo terreno era una copia in miniatura di quello celeste, ed in particolare i servizi che si compivano erano una rappresentazione dell’opera che il Signore Gesù Cristo avrebbe compiuto per noi. L’apostolo Paolo dice che Gesù è entrato nel tabernacolo del cielo (Eb. 9:24) per svolgere l’opera di intercessione; dal 1844 realizza l’atto di purificazione dei nostri pe­ccati, secondo Daniele 8:14.

Il serafini che stanno alla presenza di Dio hanno sei ali: con due si coprono il volto, con due il corpo e con le altre due volano (Is. 6:2). Essi quindi si avvicinano all’Onnipotente poiché sono santi e puri (Ap. 4:8). Immaginiamo quanto più dovremmo mostrare grande rispetto, amore e riverenza quando noi ci avviciniamo alla presenza di Dio sulla terra.

Imparare la riverenza

La riverenza deve essere appresa, non è qualcosa di spontaneo, dobbiamo sapere come avvicinarci al nostro Dio e stare dinanzi a Lui: “…tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim. 3:15).

“Le nostre chiese devono essere educate ad avere maggior rispetto e maggiore riverenza per il sacro servizio di Dio” (I Tesori delle Testimoniane, vol. 2, p. 360, ediz.2012).

Questo compito dipende in gran parte dai dirigenti: “Insegneranno al mio popolo a distinguere il sacro dal profano e gli faranno conoscere la differenza tra ciò che è impuro e ciò che è puro” (Ez. 44:23). Questo è più che necessario se si considera che la nostra epoca è caratterizzata, sia a livello di società che di Chiesa, dall’irriverenza. Si potrebbe dire che viviamo nell’era dell’irriverenza perché le chiese hanno perso molto quel senso del sacro, del solenne, del santo.

La mancanza di riverenza sottrae la benedizione di Dio: “A motivo della mancanza di rispetto nell’atteggiamento, nell’abbigliamento e nella condotta, oltre la carenza di disposizione d’animo all’adorazione, Dio spesso ha distolto il suo volto da quanti erano riuniti per adorarlo” (I Tesori delle Testimoniane, vol. 2, p. 188, ediz.2012).

Prima del servizio

Prima di presentarci davanti a Dio nei culti, in un luogo di riunione o presso una casa, dobbiamo prepararci mentalmente e fisicamente: “preparati, o Israele, a incontrare il tuo DIO” (Am. 4:12). Dobbiamo avere un abbigliamento speciale per riunirci il Sabato o in altro momento di culto; non dobbiamo andare con vestiti sporchi o che usiamo durante la settimana e dobbiamo insegnarlo anche i bambini: “Tutti dovrebbero avere un abito speciale per Sabato, per indossarlo quando assistono al culto nella casa di Dio” (Con­ducción del Niño, 503). Vedi Esodo 28:9-10, 12, 29, 34-35, 42; 39:27; Lev. 8:9.

Come popolo, dobbiamo migliorare anche la nostra puntualità; i servizi di culto non sono meno importanti del nostro lavoro o dei nostri impegni settimanali. Questo significa che dobbiamo essere ancora più precisi ed evitare di essere in ritardo; se ci sforziamo, ce la possiamo fare con l’aiuto di Dio; è una questione di disciplina. Nessuno arriverebbe tardi ad un colloquio di lavoro, dal quale dipende ottenere il lavoro oppure no: “L’incontro dovrebbe iniziare al tempo stabilito, se possibile, che siano presenti pochi o molti” (Consejos para los directores de la Escuela Sabática, p. 191). “Molti compiono una triste mancanza perché sono sempre in ritardo il Sabato mattina (Consejos para los directores de la Escuela Sabática, p. 190).

Entrando nella sala di culto, dovremmo farlo con rispetto e silenzio: “Quando i fedeli entrano nel luogo della riunione, devono farlo con decoro, andando in silenzio al loro posto a sedere… Il conversare vicendevole, i sussurri e le risate non si dovrebbero permettere nel luogo di culto, né prima né dopo il culto. Una pietà ardente e attiva deve caratterizzare i fedeli.

“Se si deve attendere qualche minuto prima dell’inizio della riunione, si faccia mantenendo un vero spirito di devozione, meditando silenziosa­mente, mantenendo il cuore elevato a Dio nella preghiera, in modo che il culto sia di particolare beneficio per il proprio cuore e porti alla convinzione e conversione di altre anime. Dobbiamo ricordare che messaggeri celesti sono in casa. Tutti abbiamo perso molto della dolce comunione con Dio a motivo della nostra irrequietezza, per non aver favorito momenti di riflessione e di preghiera…” (Dios nos Cuida, p. 60).

Durante il servizio

Tenete a mente che Dio è presente nel luogo in cui ci riuniamo per adorarlo: “Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. 18:20). Se abbiamo figli, insegniamogli che il momento del culto è sacro; cominciamo questa opera in casa. Infondiamogli i principi della riverenza che si devono manifestare nella chiesa. Un bambino non sarà riverente nella casa di Dio se non impara ad esserlo a casa propria.

Quando parliamo di Dio o di ciò che appartiene al suo mondo dobbiamo farlo con rispetto: “Non nominare il nome del Signore Dio tuo invano” (Es. 20:7).

Distinguere tra il sacro e il profano, o il comune, è il compito di chiunque cerchi di avvicinarsi alla presenza dell’Altissimo: “I suoi sacerdoti violano la mia legge e profanano le mie cose sante; non distinguono fra santo e profano, non fanno conoscere la differenza tra l’impuro e il puro e distolgono i loro occhi dai miei sabati, per cui io sono profanato in mezzo a loro” (Ez. 22:26).“Porterete rispetto al mio santuario” (Lev. 19:30; 26:2).

“Ogni maleducazione, acrimonia, critiche ed ogni spirito tirannico non sono di Cristo, ma provengono da Satana” (Testimonio para los Ministros, p. 156). “Un ministro che dal pulpito fa battute o esagera per ottenere la lode, è uno spettacolo che crocifigge il Figlio di Dio di nuovo e lo espone alla vergogna” (Testimonio para los Ministros, p. 146).

Durante il culto dobbiamo imparare a mantenere l’attenzione ed il silenzio; non parlare con la persona accanto, meglio attendere che la riunione finisca, e non addormentarsi altrimenti perdiamo molte benedizioni che ci arrivano attraverso la presentazione della Parola: “Il Signore è nel suo tempio santo; tutta la terra faccia silenzio davanti a lui” (Ab. 2:20).

Sembra che la tendenza di alcune chiese sia quella di fornire Bibbie ai suoi membri, piuttosto che farle portare da case; in questo modo i credenti hanno contatto con la Bibbia solo nei giorni di riunione e nient’altro. E meglio avere con noi la nostra Bibbia ed utilizzarla ogni volta che il predicatore cita un testo. La Bibbia è la spada del cristiano per combattere gli eserciti nemici. È nostro dovere familiarizzare con essa e non lasciarla a casa ogni volta che andiamo a culto.

Non dobbiamo promuovere lo spirito di polemica e discussione durante le lezioni della Scuola del Sabato ed ancor meno durante la predicazione. Non si dovrebbe mai interrompere chi presenta il tema, a meno che non sia lui stesso a porre domande ed a chiedere a qualcuno un parere. Dobbiamo anche accogliere con gentilezza i visitatori ed essere a disposizione perché non conoscono le dinamiche dei nostri culti e bisogna guidarli.

Spegniamo i telefoni cellulari; in tutte le chiese si proibisce il loro impiego poiché non è riverente che quando si sta svolgendo il servizio di culto suoni il telefoni e qualcuno debba uscire per rispondere. Siamo in presenza di Dio e dobbiamo dimenticare tutto il resto; è vero che a volte ci sono situazioni di emergenza e dobbiamo affrontarle, ma senza causare distrazione agli altri.

Insegnate ai bambini a rispettare l’ora di adorazione, che non mangino o parlino e che rimangano seduti con i genitori; se sono piccoli, le chiese dovrebbero avere un posto speciale in cui le madri possano nutrirli quando necessario e senza perdere il culto. Questo implica avere un impianto di sonorizzazione all’interno della stanza per ascoltare chi parla; non è una questione così complicata o costosa.

“Dio è santo e sublime; e per l’anima credente ed umile, il suo santuario terreno, il luogo dove le persone si riuniscono per il culto, è una porta del cielo. Il canto di lode, le parole pronunciate da ministri di Cristo, sono gli elementi che Dio ha predisposto per la preparazione di un popolo per la chiesa del cielo, e per il culto superiore …

“Elevate la norma del cristianesimo nella mente dei vostri figli; aiutateli ad includere Gesù nella loro esperienza; insegnategli ad avere la più alta riverenza per la casa di Dio ed a com­pren­­dere che quando entrano nella casa del Signore, dovrebbero farlo con il cuore intenerito e sottomesso a pensieri come questi: ‘Dio è qui; questa è la sua casa. Devo avere pensieri puri e i motivi più sacri … Questo è il luogo dove Dio si incontra con il suo popolo e lo benedice…’

“I genitori non devono solo insegnare, ma ordinare ai propri figli di entrare nel santuario con serietà e riverenza. Praticate la riverenza fino a che diventi parte del vostro essere” (Dios nos Cuida, p. 60).

“Bisogna insegnare ai bambini a manifestare una venerazione profonda per Dio” (Profeti e Re, p. 132, ediz.1994). I genitori devono mostrare ai bambini che “la vera riverenza si rivela con l’obbedienza” (Consejos para los maestros, 86).

Dopo il culto

I fratelli dovrebbero salutarsi con rispetto e amore fraterno quando il servizio finisce. È necessario lasciare la sala senza parlare, in modo ordinato, e dove possibile salutarsi l’uno l’altro. Ci sono chiese così tanto numerose che questa pratica non è fattibile; tuttavia il pastore o il direttore della chiesa saluteranno tutti dal pulpito augurando loro un felice sabato.

Non è bene rimanere nella sala per parlare e lasciare che i bambini corrano liberamente nel luogo che si è dedicato al culto di Dio. Non è neanche buono che la gente si metta a suonare il pianoforte o organo, se non ne sono capaci o se sono bambini che vogliono giocare. A volte la gente arriva a suonare brani musicali al pianoforte che non sono religiosi e quindi inappropriati per il sabato e specialmente per il luogo consacrato al culto. La cosa migliore sarebbe che il diacono o diaconessa chiedesse a tali persone, con molto tatto e cortesia, di non farlo. Dove possibile si dovrebbe avere un posto speciale per il pranzo e non usare la sala per questo scopo, ma solo se possibile.

Durante la settimana dovremmo pensare al messaggio che riceviamo e come si applica alla nostra vita.

Conclusione

Abbiamo scritto questo messaggio non per censurare le persone o per ergerci a giudice o capo dei nostri fratelli, ma per guidare, aiutare e incoraggiare la pratica della riverenza nelle nostre chiese e luoghi di incontro, basandoci sulla guida della Parola di Dio e dello Spirito di Profezia. Ricordiamo ciò che abbiamo detto prima: “Le nostre chiese devono essere educate ad avere maggior rispetto e maggiore riverenza per il sacro servizio di Dio” (I Tesori delle Testimoniane, vol. 2, p. 360, ediz.2012).

È un grande privilegio potersi presentare davanti a Dio per adorarlo. Le benedizioni che vengono elargite alla chiesa durante le funzioni sacre sono incalcolabili, infatti Davide affermava: “Sì, un giorno nei tuoi cortili val più che mille altrove; io preferisco stare sulla soglia della casa del mio DIO, che abitare nelle tende degli empi” (Sal. 84:10).

Di Gesù è stato profetizzato che avrebbe sentito uno “zelo consumante” per la casa di Dio (Sal 69:9) e queste parole si compirono quando scacciò i mercanti dal tempio. Non erano gelosia carnale o uno scoppio di rabbia ingiustificata, ma il santo zelo volto a stabilire il rispetto nel luogo in cui si adorava il Dio del cielo, perché la gente lo aveva trasformato in una “casa di mercanti” (Gv. 2:16).

Viviamo nell’era dell’irriverenza, ma come popolo di Dio e nazione santa, appartati per essere suoi, ci dobbiamo distinguere nel nostro modo riverente di avvicinarsi al nostro Signore (1 Pt. 2:9). La riverenza include la preghiera, lo studio della Bibbia, la restituzione della decima al Signore, coltivare pensieri puri, vestire in armonia con le indicazioni divine, frequentare la chiesa, essere rispettosi di tutto ciò che ha a che fare con Dio.

La riverenza sincera e manifestata nel modo appropriato è una benedizione molto grande per i credenti. Che il Signore ci aiuti ad essere riverenti dinanzi a Lui. Chiediamo perdono per le volte che non lo siamo stati e prendiamo la ferma decisione di fare sforzi per riformarci in questo senso. Dio ti benedica.

Pastore José V. Giner

Gennaio 2017