CAFFEINA E FUNZIONE CARDIOVASCOLARE

La caffeina è una sostanza organica (alcaloide) naturale presente in molte piante tra cui caffè, cacao, tè, cola, mate e guaranà. Essa è, altresì, presente in foglie, semi e frutti ed esercita un effetto insetticida, paralizzante o, in generale, tossico per alcuni insetti e altri artropodi. Le bevande a base di caffeina sono diffuse in molti paesi del mondo.

La caffeina esercita un’azione stimolante sul sistema nervoso centrale, sull’apparato cardiovascolare, sul rilascio delle catecolamine (adrenalina, noradrenalina e dopamina), sulla sintesi acida a livello dello stomaco e, più in generale, sul metabolismo cellulare.

Come per tutte le molecole, anche per la caffeina è stata quantificata la dose letale; (1/2 della dose letale= LD50) che nell’uomo si aggira intorno a 150mg/kg di peso corporeo.

Gli effetti cardiaci della caffeina sono di tipo simpatico-mimetico (con questo termine si vuole intendere un farmaco che imita gli effetti prodotti dalla stimolazione del sistema nervoso simpatico sui vari tessuti).

Più in particolare, la caffeina si lega a recettori presenti nella superficie della membrana delle cellule muscolari cardiache, inducendo un aumento dei livelli intracellulari di adenosina 5’-monofosfato ciclico (AMPc), un secondo messaggero, che interviene nella trasduzione di molti segnali all’interno delle cellule. In altre parole, essa blocca l’enzima (gli enzimi sono catalizzatori dei sistemi biologici) che degrada l’AMPc, simulando così gli effetti dell’adrenalina. Ne deriva un incremento della glicolisi (un processo chimico in base al quale una molecola di glucosio viene scissa in due molecole di acido piruvico) e di adenosina trifosfato (ATP), un composto ad alta energia richiesto dalla stragrande maggioranza delle reazioni metaboliche.

Il risultato finale consiste in un aumento del ritmo e della forza di contrazione del cuore. Nella maggior parte dei distretti vascolari periferici, la caffeina esercita un’azione vasodilatatrice. La vasodilatazione è molto pronunciata a livello dei vasi coronarici, anche se bisogna tenere conto del potenziamento dell’attività cardiaca indotta dalla caffeina. La vasodilatazione è poi evidente anche nel circolo polmonare e, probabilmente, anche in quello renale.

In relazione agli effetti collaterali della caffeina a livello cardiovascolare, questa sostanza, come anticipato prima, esercita un effetto inotropo e cronotropo positivo (aumento della forza e della frequenza cardiaca). Di conseguenza, si possono verificare situazioni come aumento della gittata cardiaca (quantità di sangue che il cuore espelle per ogni minuto), tachicardia (aumento delle pulsazioni nell’unità di tempo) ed aumento della pressione arteriosa (seppur lieve alle dosi normali di consumo).

E’ da sottolineare che in alcune cardiopatie, l’abitudine al consumo di caffè può indurre aritmia (alterazione della normale frequenza cardiaca). Questa osservazione dovrebbe essere presa in considerazione dai pazienti cardiopatici ad alto rischio.

Infine, anche i reni possono risentire degli effetti collaterali della caffeina. La filtrazione glomerulare è potenziata; il riassorbimento tubulare del sodio diminuisce, con conseguente stimolo alla diuresi.

Guido Li Volsi

Professor of Physiology

(Usato con permesso)