VIES DE SUCCÈS
01/11/2015LA FOI SUR LA TERRE
01/12/2015Ci sarà fede quando Gesù ritornerà?
Il problema che vogliamo affrontare in questo articolo trascende la vita di coloro che amano Dio. Come cristiani, spesso parliamo di fede; diciamo che abbiamo fede e che essa sia il pilastro della salvezza eterna. Per ciascuno di noi la fede è qualcosa di chiaro a livello teorico. Che cosa significa avere fede? È credere in ciò che non si vede e avere la convinzione che le cose che speriamo si avvereranno un giorno, secondo le promesse di Dio.
Ma vorrei che riflettessimo su un aspetto della fede. Il cristianesimo è la prima religione al mondo, con circa 2.200 milioni di persone che affermano di seguire gli insegnamenti di Cristo, rispetto a circa 1.600 milioni di musulmani. I cristiani rappresentano quasi un terzo del genere umano.
Ora, se il concetto di fede è così ovvio per noi cristiani, perché la Bibbia ci dice qualcosa sulla fede che ci lascia perplessi? Vediamo: “Tuttavia, quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc. 18:8).
Perché ho detto che questo versetto ci lascia perplessi? La risposta sembra evidente: poiché essendoci così tanti cristiani nel mondo, ci dovrebbero essere molte persone di fede quando il Salvatore ritorna, ma il versetto ci dice proprio il contrario.
Tipologie di fede
Gesù pone una domanda a ciascuno di noi che diciamo di seguirlo; è una domanda per te e per me: “Chi crederà veramente in me quando ritornerò a questa terra?”. Questa domanda dovrebbe farci riflettere sul tipo di fede che abbiamo.
Possiamo renderci conto che oggi vi sono molti concetti di fede. La maggioranza crede che avere fede significhi credere in Dio che non si vede. Con questo pensano di compiere il proprio dovere nei confronti del loro Creatore. Altri credono che avere fede voglia dire credere in ciò che dice la propria chiesa, negli insegnamenti, cultura, tradizioni ed abitudini ereditati dai genitori. Altri dicono che avere fede è lasciarsi guidare da ciò che dice il cuore, quindi l’accento è posto non tanto sugli insegnamenti della chiesa a cui si appartiene, ma su qualcosa che essi stessi considerano come criterio, “Sono Cattolico o sono Protestante, ma io ho la mia idea di fede”. Ci sono anche quelli che dicono che avere fede è credere che Cristo è il nostro Salvatore personale e che questo basti per piacere a Dio, “credi e sarai salvato” è il loro motto. Non c’è bisogno di fare nulla perché Cristo ha pagato il nostro debito; è solo una questione di credere che Egli abbia già fatto tutto per noi. Naturalmente vi sono quelli che credono di avere una fede genuina e profonda, ma sarà poi così genuina?
In questo articolo vogliamo riflettere sulla fede biblica che dobbiamo avere come seguaci del nostro Signore Gesù, perché senza questo tipo di fede non potremo essere salvati, né crescere nella conoscenza di Dio o sperimentare un cambiamento di cuore: “Ora senza fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano” (Eb. 11:6).
La vera fede è basata sulla rivelazione
In realtà per sapere cosa sia la fede, dobbiamo andare alla Bibbia: “Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono” (Eb. 11:1). Avere una fede così non sembra complicato; vi sono molte persone che credono in alieni che non ha mai visto; perché noi cristiani non crediamo che Dio esista e che Gesù sia suo Figlio venuto su questa terra per morire per noi? Ma questo è solo un passo.
La fede si deve basare su ciò che è rivelato nella Bibbia, non sulla tradizione o su quello che dice la mia chiesa (poiché molte chiese insegnano false dottrine), o sulle opinioni popolari, né sulle mie opinioni particolari, la cultura o la tradizione. Il Signore Gesù Cristo, fonte della vera fede, ha insegnato che dinnanzi a qualsiasi conflitto o problema dobbiamo rivolgerci a ciò che sta scritto. Ricordiamo che quando Egli affrontò il diavolo nel deserto usò la rivelazione scritta, non le sue idee: “Sta scritto“, fu la sua risposta a ciascuna delle tentazioni del diavolo (Mt. 4:1-10).
Nel suo ministero terreno Gesù diresse sempre l’attenzione della gente verso ciò che le Scritture dicevano di Lui. Anche dopo la sua risurrezione, ai viandanti sulla via di Emmaus, Egli citò le Scritture (Lc. 24:25-27).
Lutero e tutto il movimento protestante che trasformò il mondo di quel tempo a livello politico, scientifico, educativo e sociale, adottarono un principio che era stato abbandonato nella chiesa a cui appartenevano e lo formularono in cinque frasi latine che esprimevano le cinque credenze fondamentali che i riformatori consideravano la base o i pilastri del cristianesimo autentico. Questi principi erano:
- Sola Scriptura (Solo attraverso la Scrittura).
- Sola Fide (Solo per fede Dio salva).
- Sola Gratia (Solo per la grazia).
- Solus Christus o Solo Christo (Solo Cristo o solo per mezzo di Cristo).
- Soli Deo gloria (La gloria solo a Dio).
È interessante notare che, quando questi principi furono formulati dai riformatori, essi appartenevano ancora alla Chiesa Cattolica, la amavano e per questo motivo fecero del loro meglio per riformarla. Si noti che il primo principio era la Sola Scriptura (solo per mezzo della Scrittura). In quel tempo vi erano molte credenze contrarie alla Parola di Dio: non si permetteva lo studio della Bibbia, si insegnava che le sole opere salvano, che i santi defunti intercedono per gli esseri umani, che il Papa è il successore di Pietro e il Vicario di Cristo in terra, massima autorità ecclesiale infallibile in materia di fede, che facendo sacrifici si può compiacere Dio, che le messe aiutano a sottrarre i defunti dal Purgatorio, che attraverso una bolla (papale, ndr.) si può raggiungere il perdono e il riconoscimento divino, ecc.
Fermiamoci per un attimo sul tema del purgatorio sostenuto dalla chiesa summenzionata ancora fino ad oggi. Che posto è questo? Leggiamo dal Catechismo “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, anche se sono certi della loro futura salvezza eterna, soffrono dopo la loro morte una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo. La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è completamente distinta dalla punizione dei condannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (cfr DS 1304) e Trento (cfr DS 1820; 1580). La tradizione della Chiesa, con riferimento ad alcuni testi della Scrittura (ad esempio 1 Cor. 3:15; 1 Pt 1:7) parla di un fuoco purificatore…” (1)
Come si aiutano quindi le anime del purgatorio? L’insegnamento Cattolico dice: “La responsabilità di pagare in suffragio per le anime del Purgatorio non è solo un dovere di giustizia e di carità, è anche un grande vantaggio, perché le anime del Purgatorio sono molto grate per il sollievo che diamo loro e ci proteggono. Se in suffragio preghiamo per loro, certamente esse rispondono pregando per noi. Le loro preghiere sono molto efficaci, perché sono sante e ci procurano enormi vantaggi sia per la nostra vita fisica che spirituale. Tra le opere in suffragio per le anime del Purgatorio, ce ne sono tre che hanno un effetto meraviglioso: la preghiera, la Santa Messa e le indulgenze” (2)
Questi insegnamenti sono dottrine e precetti di uomini, lo diciamo con tutto il rispetto, perché non possono essere supportate da un “così sta scritto“. Come può essere la domenica il giorno del Signore o come si può uccidere in caso di pena capitale o guerra, senza che questo entri in conflitto con la legge di Dio? Questo atteggiamento era presente nel giudaismo anche al tempo di Cristo. Gesù li rimproverò e chiarì loro che molte delle cose che insegnavano alla gente erano “dottrine e precetti di uomini” (Mt. 15:1-9).
La prima caratteristica, quindi, della fede genuina è che si basa su ciò che è scritto, è ciò che Dio dice. Ricordiamo il caso di Abramo. Egli ricevette da parte di Dio la promessa di essere padre di moltitudini “Poi lo condusse fuori e gli disse: «Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse: «Così sarà la tua discendenza»“(Gn. 15: 5). Abramo credette a quello che Dio gli aveva detto, infatti il versetto seguente dice: “Ed egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia” (Gn. 15: 6). Si potrebbe dire che era un uomo di fede profonda.
Ma nel seguente capitolo troviamo qualcosa di molto triste, cioè il fatto che Abramo e sua moglie Sara, invece di fidarsi ciecamente della parola di Dio, concepirono un metodo per fare qualcosa di diverso rispetto a ciò che Dio aveva progettato, “ideando” la propria fede. Sara non poteva avere figli e presentò a suo marito l’idea di giacere con la sua serva e così adempiere la promessa, ma quel figlio non sarebbe stato di Sara, ma concepito fuori dal matrimonio. Era una fede debole, non fondata su ciò che Dio aveva detto, ma su quello che l’uomo pensava e decideva. La fede genuina agisce con amore e compie ciò che il dovere biblico insegna, che vi siano o meno sentimenti o evidenze. È ciò che Paolo dice: “Perché camminiamo per fede, non per visione” (2 Cor. 5:7).
Se Abramo avesse avuto una moglie in età fertile ed in grado di concepire, quale fede necessitava per credere alla promessa di Dio di avere una grande discendenza? Nessuna! Sarebbe stato qualcosa di chiaro, o per lo meno molto probabile. Camminare per fede e non per vista significa essere disposti a credere a ciò che Dio ci dice, che si possa dimostrare o no, che sia raggiungibile o meno. Credere solo perché Dio lo dice. In questo Abramo e Sara fallirono. Avevano fede, ma non abbastanza. Può questo essere il nostro caso? Qualcosa di importante da imparare da questa storia è che la fede si rende evidente nei momenti di prova.
La vera fede è un dono di Dio
Non possiamo fabbricare la fede, la fede è a nostra disposizione perché la viviamo, è un dono di Dio, è un regalo dato a coloro che la chiedono e desiderano: “poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito” (Fil. 2:13). Mio padre mi disse più volte (egli si dichiarava incredulo): “Vorrei avere la fede che hai tu”. Io gli dicevo sempre che doveva chiederla a Dio, poiché Egli è disposto a darla a tutti.
Mi ricordo che dopo la morte di mio padre mi recai a casa sua e trovai sul suo comodino una Bibbia che gli avevo regalato tempo prima; mia madre mi raccontò che mio padre la leggeva di notte negli ultimi mesi. Credo che Dio lo abbia aiutato a credere perché in una occasione pregai con lui. Sarebbe assurdo che Dio esigesse da noi di credere e, sapendo della nostra condizione decaduta e della impossibilità umana di generare anche un solo grammo di fede, non ci concedesse da parte sua la fede.
In Galati 5:22, ci viene insegnato che la fede è il frutto dello Spirito Santo. La seconda caratteristica della vera fede è che essa viene da Dio ed è a Lui che dobbiamo chiederla. Abramo aveva un rapporto personale con Dio, sapeva per esperienza diretta che solo Dio può riempire il vuoto di ogni cuore umano. Egli era disposto a seguire Dio, a rispettarlo ed amarlo, ma era consapevole che la sua fede era un dono divino e non qualcosa generato da lui stesso.
La vera fede è un dono che si deve sviluppare
Abbiamo visto che la fede è un dono di Dio; se gliela chiediamo Egli ce la darà, ma essa non si svilupperà né rafforzerà se non la esercitiamo; questa è la ragione per cui vi sono cristiani con poca fede e altri con molta. La fede non è misurabile; o si possiede una fede profonda o non si ha fede. Una fede che vacilla davanti al pericolo, che muore davanti alla prova, che trema per la minaccia o che dubita le promesse di Dio, non è fede. Una cosa è che a volte, per debolezza, non esercitiamo la fede necessaria e un’altra cosa è invece che la nostra fede sia così debole che ogni goccia di pioggia l’abbatta.
Gesù lodò la fede di alcune persone ed è interessante notare che qualcuna di loro non apparteneva al popolo di Dio, come la donna siro-fenicia che chiese al Cristo di guarire sua figlia. Gesù le parlò: “Donna, davvero grande è la tua fede” (Mt. 15:28). Al centurione romano, che chiese a Gesù la guarigione del suo servo, Gesù disse: “In verità vi dico che in Israele non ho trovato in nessuno una così grande fede” (Mt. 8:10). Queste dichiarazioni dimostrano che così come ci sono persone che hanno una grande fede, ci sono anche altre persone la cui fede è minuscola.
Se fosse Dio a sviluppare la nostra fede, senza l’intervento della nostra volontà, non saremmo liberi. Sarebbe come quando il contadino va a comprare la semenza; non è sua, l’ha ricevuta, non può fabbricarla. Ma a che servirebbe se la lasciasse a casa? Produrrebbe frutti? Sicuramente no. Deve seppellirla nel terreno, irrigarla, fertilizzarla, curarla. Solo così crescerà e porterà frutto. “La fede è un dono di Dio, ma noi possiamo svilupparla” (E.G.White, Patriarchi e Profeti, ediz. 1998, p. 365).
Dobbiamo quindi chiedere a Dio di accrescere la nostra fede, come fecero i discepoli di Cristo: “E gli apostoli dissero al Signore: Aumenta la nostra fede” (Lc. 17: 5). Abramo giunse ad essere chiamato “amico di Dio” (Is. 41:8), ma dovette imparare a sviluppare la sua fede, non poteva continuare a camminare per vista, doveva lasciarsi guidare completamente da Dio. Solo allora, poco tempo dopo, Sara rimase in cinta e, contro ogni previsione umana, diede alla luce Isacco, il figlio della promessa.
Sara era anziana e logicamente non poteva concepire, ma per la potenza di Dio fu possibile. Adesso sì che era facile credere per Abramo al compimento della promessa di Dio. Ma, poiché Abramo doveva imparare a fidarsi pienamente del Signore, glorificandolo con la sua obbedienza e riscattando l’errore commesso con la serva, egli si confrontò con la prova che fu probabilmente la più difficile della sua vita: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio Isacco, che ami, e va nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti dirò” (Gn. 22:2).
Per l’anziano Abramo era un terribile ordine “… nella suo provvidenza, Dio riservò la sua ultima è più dolorosa prova per Abramo quando il peso dell’età lo opprimeva e desiderava riposarsi dall’ansia e la fatica … Questa sembrava un terribile impossibilità. Tuttavia, Dio aveva parlato ed egli doveva obbedire alla sua parola “(E.G.White, Testimonios para la Iglesia, vol. IV, p. 145).
Abramo obbedì senza rimproverare nulla a Dio, non criticò il suo ordine né si amareggiò durante il cammino, non esitò nel suo dovere ma confidò nel fatto che Dio sapeva quello che stava facendo. Questo è camminare per fede e non per visione. Infine, giunti al luogo indicato, sia l’anziano patriarca che suo figlio Isacco, dimostrarono una fede matura; consideriamo anche Isacco che avrebbe potuto rifiutarsi e fuggire, ma non lo fece e con umiltà accettò il suo tragico destino. Quando però Abramo stava per sacrificare suo figlio, Dio lo fermò lodando la sua obbedienza (Gn. 22:12). Il fuoco purificatore aveva compiuto la sua opera rafforzando la fede.
“Questo grande atto di fede è registrato nelle pagine della storia sacra perché brilli sul mondo come un esempio illustre fino alla fine dei tempi. Abramo non sostenne che la sua vecchiaia lo dispensasse dall’obbedire a Dio. Non disse: “I miei capelli sono diventati grigi, se n’è andato il vigore della mia virilità; chi consolerà la mia decadente vita quando Isacco non ci sarà più? Come può un vecchio padre versare il sangue del suo unico figlio?” No, Dio aveva parlato e l’uomo doveva obbedire senza discutere o mormorare, né cedimenti nel cammino” (E.G.White, Testimonios para la Iglesia, vol.IV, p. 146). La terza caratteristica della fede è che deve essere coltivata perché si irrobustisca e l’unica via da seguire per questo scopo è l’obbedienza implicita alla Parola di Dio.
La vera fede produce miracoli
Quando c’è vera fede si raggiungono certe cose che non possono essere ottenute altrimenti. Ricordiamo quella donna che aveva il flusso di sangue da 12 anni; i medici non erano stati in grado di curarla. Cercò Cristo e gli toccò il mantello con fede ed in quel momento fu guarita. Ottenne quello che cercava. Le parole che Gesù le disse, furono: “Figlia, prendi coraggio, la tua fede ti ha guarito. E subito la donna fu guarita” (Mt. 9:22). Ciò che i medici del suo tempo non fecero, lo compì la fede.
La fede non può essere analizzata in laboratorio o spiegata scientificamente, può essere solo accettata. Gesù disse che la fede può muovere le montagne (Mt. 11:22-24). Lazzaro era morto da diversi giorni, il suo corpo era in decomposizione organica, ma con la sua sola parola Cristo lo risuscitò. Egli calmò una tempesta sul mare al suo comando, guarì i lebbrosi, restaurò la vista ai ciechi, moltiplicò il pane e il vino, camminò sull’acqua e molto altro ancora. Il Mar Rosso stava di fronte a Israele e non vi era via d’uscita, ma Dio disse a Mosè che avrebbero dovuto andare avanti per fede. Avanzarono e il mare si aprì. Elia pregò perché scendesse fuoco dal cielo e accadde. Daniele era nella fossa dei leoni affamati e non fu toccato. I suoi tre compagni furono gettati in una fornace ardente e non morirono. Possiamo citare ancora centinaia di altri casi. Non sempre, necessariamente, accadono miracoli così nella nostra vita, ma è certo che la fede ci permetterà di vedere e sperimentare cose straordinarie e questa è la quarta caratteristica della genuinità della fede.
La vera fede produce la trasformazione del carattere
Potremmo dire che la vera fede è una transazione spirituale con Dio e che si traduce in guadagni spirituali. Tutti sappiamo che per andare in paradiso abbiamo bisogno di credere in Cristo come nostro personale Salvatore; ma, questo è il primo passo. Quando entriamo in comunione intima con Dio, per mezzo di Gesù, lo Spirito Santo comincia a produrre frutti in noi: “amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza…” (Gal. 5:22). Questi “profitti” si manifestano nel carattere dei credenti. Una persona che sostiene di avere fede, ma non si sottomette alla Santa Legge di Dio, la sua fede risulta vana (Gc. 2:17-18). La fede senza le opere è morta. La fede opera per mezzo dell’amore e purifica l’anima. Dobbiamo accettare Cristo come nostro personale Salvatore (questo è ciò che conosciamo come giustizia imputata) e tramite il nostro carattere diverrà evidente se la nostra fede è autentica o meno (questa è l’opera della giustizia impartita). Una semplice dichiarazione di fede non è sufficiente.
Possiamo credere a tutto quello che dice la Bibbia, ma se non entra nell’anima, se lo Spirito Santo non ci spinge, il nostro cuore non si rigenererà. Anche i demoni credono e conoscono la Bibbia meglio di noi, ma sono coloro che producono il male e continueranno così fino alla loro distruzione finale (Gc. 2:19). La giustificazione per fede è l’opera di Dio nell’anima e rende possibile, per la grazia del Signore Gesù, la salvezza dei peccatori senza alcun loro merito (Rm. 5:1). Se la fede è sincera e genuina, santificherà i propositi e le azioni. Quindi noi, come cristiani avventisti, crediamo che la salvezza eterna sia un dono di Dio, che diventa efficace quando l’accettiamo. La prova inequivocabile che la fede è stata accettata dall’individuo e che è autentica, la troviamo nella generazione dei frutti dello Spirito, che è il cambiamento del carattere.
La caratteristica summenzionata ci parla del fatto che la fede produce miracoli e può essere che si verifichino manifestazioni speciali nella nostra vita. Ma il più grande miracolo che si possa testimoniare nella vita di una persona che ha fede nelle promesse di Dio è il cambiamento del carattere, poiché nessuno può farlo se non Dio in noi. È impossibile cambiare il proprio cuore di pietra, perché questo è un processo di carattere spirituale. L’ultima caratteristica che citiamo in merito alla fede è la capacità che Dio ci dona in Cristo Gesù, di cambiare il nostro cuore peccaminoso (2 Cor. 5:17).
Conclusione
La nostra fede sarà provata al massimo e solo con l’aiuto di Dio potremo superare ogni difficoltà e brillare come oro brunito. La fede autentica non è scossa facilmente, poiché essa è sostenuta da Dio, proviene da Lui e si fonda su di Lui e nessuno può sradicarla dal cuore. Ma per fare questa esperienza bisogna dare tutto noi stessi a Dio. Dobbiamo farlo per il nostro bene, perché il tempo che scorre ci sta mostrando l’imminente ritorno del nostro Signore Gesù Cristo.
Gli eventi che accadranno su questo pianeta, come ci avviciniamo alla fine del tempo di grazia, saranno oltre ogni previsione e vaglieranno ogni essere umano, dal più grande al più piccolo. Solo coloro che hanno abbracciato la fede in Cristo e nella sua Parola, che hanno avuto profonde esperienze di fede in questo tempo di grazia, potranno resistere con l’aiuto di Dio. Il mio desiderio e la mia preghiera è che quando il Signore Gesù ritornerà, noi possiamo essere tra quelli in cui Egli troverà la fede genuina. Dio ti benedica. Amen.
(1) Gli articoli 1030 e 1031 del Catechismo della Chiesa Cattolica. http://www.vatican.va/archive/catechism_sp/p123a12_sp.html
Pastore José V. Giner
Dicembre 2015